Oltre il semplice abitare

Oltre il semplice abitare: la casa diventa motivo di socialità e integrazione

Prima erano solo spazi vuoti, bisognosi di essere risistemati, ora sono 19 abitazioni vive e vitali, suddivise tra due cortili a Pontoglio e Quinzano, dove 52 persone tra adulti e minori, in seria difficoltà, hanno trovato un punto dal quale ricominciare: non solo un tetto, già come tale prezioso, ma anche una situazione di positiva socialità dove provare a rinascere.

Ed è esemplare la vicenda di Maria, la chiameremo così, donna italiana molto malata, di circa 45 anni, con un figlio, abbandonata dal marito in una casa senza agibilità, che ora ha ritrovato fiducia, tempo per prendersi cura di sé e trovare un po’ di sollievo. Nei momenti di benessere svolge piccoli lavori di portierato, custodisce le chiavi, organizza i turni delle pulizie: ricambia così l’aiuto ricevuto.

Un piccolo miracolo realizzato grazie al progetto “Nessun posto è come casa mia”, voluto dalla Coop. Soc. Scalabrini Bonomelli Onlus, trasformato in realtà con il sostegno economico di Fondazione della Comunità Bresciana.

Ci è voluto un anno ma i risultati conseguiti sono premianti: tutte le unità abitative sono state risistemate anche grazie all’aiuto degli inquilini e sono state consegnate esaurendo la lista d’attesa. Sono state accolte persone disagiate e famiglie in difficoltà, per lo più immigrate, alle quali è stato insegnato a vivere insieme nell’ottica del “cortile” di un tempo, dove si condividono le responsabilità e si organizzano spazi di socialità comune, dove ciascuno è autonomo ma tutti collaborano.

Trovare un luogo dove vivere a condizioni agevolate rispetto al libero mercato è fondamentale per chi una casa non ce l’ha, ma l’obiettivo che ci si era preposti, e che è stato conseguito, va oltre il semplice “abitare”, poiché occuparsi di spazi e mansioni comuni aiuta a creare relazioni e diventa presupposto di un superamento della situazione di disagio iniziale, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale, permettendo l’innestarsi di un ciclo virtuoso che porta a vera integrazione.

Un risultato non da poco tenuto conto che la maggior parte delle famiglie accolte sono composte da migranti, persone nella cui cultura manca il senso della responsabilità nella gestione dell’abitazione dove si vive. Per questo gli ospiti sono stati accompagnati con corsi di formazione dove hanno appreso le regole del buon uso e mantenimento della casa, dell’igiene e dell’ordine, la gestione del bilancio famigliare, le basi della convivenza civile per un buon inserimento nella comunità. Si è insegnato anche cosa è il risparmio energetico, l’utilizzo intelligente delle utenze, la gestione dei rifiuti. Fondamentale la creazione a Quinzano di un orto comune per offrire occasioni di socializzazione e momenti di aggregazione, oltre che uno spazio ricreativo.

Ad un anno di distanza dall’avvio del progetto, i due “cortili” di Quinzano e Pontoglio sono dunque diventati cornice di scene di vita quotidiane dove si coltiva e raccoglie, si dona ai vicini, si padroneggia l’uso degli elettrodomestici e dei contabilizzatori di calore, dove si tengono riunioni condominiali autogestite. E pensare che a Quinzano, per esempio, gli inquilini indiani e quelli africani da principio vivevano separati, neppure si parlavano: ora grazie al lavoro compiuto sulla socialità condividono gli spazi, le mansioni di manutenzione e momenti di gioco. E il futuro ricomincia a sorridere.

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